Ce l’ho
:P
E quindi posso parlarne un po’ più diffusamente.
La cosa che mi ha colpito subito è l’immagine esteriore.
Tomo
importante, bello ponderoso, con rilegatura rigida.
Carta della giusta grammatura e del giusto colore lievemente ecrù, che profuma di inchiostro buono.
Mentre le
short stories di Ballard erano abituate a confezioni ben più dozzinali e dimesse, stile Urania, che odoravano al solito di sottoscala umidi o di soffitte polverose.
Poi la pagina dell’indice.
E la piacevole sensazione dei meccanismi del ricordo, che incominciano a decodificare i titoli e ad associare ad ognuno un contenuto.
Alcune storie ancora nitide e chiare a decenni di distanza, altre più appannate e indefinite nei filtri della memoria.
Ma di molti racconti più che la trama emerge la sensazione emotiva, lo stato d’animo suscitato all’epoca.
Che rimane intenso e intimo, come per tutte le letture amate.
E il particolare
feeling con l’Autore si ricrea all'istante, come d’incanto.
Anche se un incanto singolare e ambiguo.
Ed è bello lasciarsi di nuovo trasportare verso il decadente scenario di
Vermillion Sands, residuo simbolico di una località turistica insabbiata ai limiti di un qualche deserto, in un qualche futuro…
Dove Ballard inizia a dipingere corrispondenze inquietanti fra paesaggi esteriori surreali e paesaggi interiori disturbati.
Fra case psicotropiche, sculture sonore ed esemplari di varia umanità straniata.
E poi tornare ad immergersi nella tormentosa ma sensuale evoluzione dell’infantile
sense of wonder, che muta verso un trasgressivo
sense of disaster adolescenziale.
L’ultima pozzanghera e
Prigione di sabbia hanno già i contorni claustrofobici e angosciosi del danno individuale come flusso speculare della catastrofe planetaria.
Di cataclismici mutamenti del clima terrestre come esplosioni psicotiche in menti alienate.
Ma nelle novelle di questo primo periodo anche quelle che diverranno in seguito ossessioni narrative ricorrenti e profonde, sono per il momento trattate quasi con leggerezza.
Ballard scrive ancora racconti, non resoconti dalla
zona del disastro
E c’è spazio per la malinconia struggente de
Il giardino del tempo.
O per piccole e inusitate
sentinelle come
Ora: Zero e
L’uomo al 99° piano.
C’è la normalizzazione dell’assurdo de
Le torri di osservazione e la finezza filosofica di
Cronopoli.
E in generale una serie di storie quasi mai banali, scontate o datate.
L’impostazione cronologica della raccolta per chi, come me, di Ballard ha letto tutto ma in maniera assolutamente disordinata è uno strumento utilissimo per ricostruire l’evoluzione dell’Autore.
Per i neofiti invece potrebbe essere non del tutto producente, in quanto accosta scritti di ispirazione e contenuto diverso.
Spezzando un po’ l’atmosfera, che è una delle grandi doti di Ballard.
Caso limite i racconti ambientati a
Vermillion Sands che, per puro criterio cronologico, appaiono in parte in questo primo volume e in parte nel prossimo.
Mentre fanno parte di un unico ciclo narrativo.
Difetti comunque assolutamente marginali per un’operazione secondo me davvero riuscita.