00 08/04/2013 09:55
Piero Ciampi
Poesie scelte 1973


Notte
Quanto
Me ne fotte
Di non dire
Di dover partire


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Cara.
La tua mano
è così piccola
mi sfuggirà
sempre.

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Perché
dici di amarmi?
Per andare
Avanti?
Dove?
Là.
No.

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Tu
spiegandomi
che la vita
è una cosa seria
mi implorasti
di ignorare
il tuo pensiero.

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Il coraggio
dopo lunga attesa
entrò in chiesa
e sposò la paura.
Fu un matrimonio
di interesse
Moltissimi figli
nacquero
e da allora
non si contano
le stragi.

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Era domenica
e Cristo
passeggiava
nel parco.
L’aria ansava.
Dietro la coscienza.
era quella di sempre.
Pensante.
I morti
visto il ritorno
finsero
di dormire.

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A 1000 anni
ho dimenticato
in treno
la mia borsa
Dentro le poesie
una camicia
e qualche fazzoletto.
Ho messo a soqquadro
mezza polizia
la stazione
e mi guardavano
come un pazzo.
A Ponte Sisto
ho bevuto
sei litri
al cubo.
In piazza del Biscione
sono morto.

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Stanco
di sopravvivere
a sopportare
la strage
Cristo
chiese una jeep
s’inoltrò nella foresta
e s’impiccò.
Una scimmia
attorcigliata ad una liana
per divertire i figli
lo imitò.
Orfani di guerra
cercano il suo odore
tra le foglie
Invano.

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Anche
domani
tutto
questo
mai
mio.

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Il dolore
scuoteva
la mia anima
Ella
lo prese
lo acquisì
e si sedette.

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Padre
Volevo vederti.
Sono qui
per questo.
Vederti.
Rivederti.
Capisci.
Ma ti stupisci.
E così
È il solito
arrivederci.

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Tu.
Dici.
che ho distrutto
la tua vita.
Capirai mai
che il tuo dolore
si è aggiunto
al mio?

(Questa poesia costituisce anche una parte della canzone “Sporca estate”)

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Io
Sottoscritto
Nato
Il 28 di
Settembre
morto
circa
una settimana
prima
o dopo.
Non ricordo.
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Canzoni scelte
Tra lupi
Le mani convulse coglievano tremanti
grappoli d’uva rosa come la sua ferita.
Ferita del cuore per la fame del corpo
ferita del corpo per il dolore del cuore.
Gli occhi stravolti,
le braccia colme,
fuggì per i campi in cerca di un rifugio.
Da una collina vicina
sedute in silenzio per un giusto riposo,
centinaia di occhi scoprirono il furto
e urlarono in coro:
al ladro, al ladro, al ladro…
Egli volse la testa e li mise a tacere,
poi riprese la fuga
ad inseguire la dignità esasperata.

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Uffa che noia
Uffa che noia la sera che cade
mi sembrano squalo tra due margherite
Uffa che noia, uffa che noia.
Uffa che noia la gente che cerca una casa deserta
quando viene la tempesta.
Uffa che noia, lei venne e mi disse
“io sono la tua” ed io le credetti.
Sembrava una fata e non lo era, e non lo era,
Uffa che noia.
Uffa che noia, non è ancora finito
questo squallido imbroglio tra la vita e la morte,
Uffa che noia, uffa che noia, uffa che noia.
La jungla comincia in famiglia
sono anni che combatto in quella foresta.
La vera guerra non si fa con le armi,
si fa con il cuore,
Ma uffa che noia questa
nottepiovosa,
mi sembra una madre che ha perso suo padre,
uffa che noia.
Uffa che noia, che importanza può avere
o maestro o buffone?
questo sole cala sulle sere
uffa che noia, uffa che noia,
uffa che noia, uffa che noia.
Uffa che noia.

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L’incontro
Domani
la mia camicia sarà pulita,
le mie pupille bianche,
il mio passo fermo,
i calzoni stirati,
le scarpe lucide,
e la mano non deve tremare
costi quel che costi.
Non ti potrò baciare
Perché anche tra noi due l’attesa è sacra
e la diffidenza necessaria.
Forse comincerò a prenderti la mano,
poi non saprà come continuare,
farò di tutto perché tu non capisca
l’indifferenza che a questo mondaci perseguita.
Stanotte allenerò le mie labbra
a sorridere.
E dovrò quindi pensare
A lavarmi fino alla morte i denti.
Vorrei piacerti come un tempo
ma la mia pelle stanca
e non posso nascondere il mio volto.
Dovresti essere forte e dirmi,
lasciandomi alla mia vita di sempre,
che ormai per te sono un estraneo
e che ha ragione la gente
quando dice che merito la solitudine.
Ma guarda tu che cosa ti dico:
sarebbe molto meglio per te
che te ne andassi
prima di incontrarmi.

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Dario di Livorno
In un triste giorno Dario di Livorno
prese una pistola e sparò.
Era carnevale, ma la polizia
ugualmente lo arrestò
E fu così che un triste giorno
Dario finì in manicomio
Dove imparò che tutti i matti non vivono in libertà.
Ma Dario di Livorno, che non era matto,
stando in mezzo ai matti impazzì.
Dopo aver scontato tutta la sua pena
Salutò gli amici e partì
e fu così che un triste giorno
Dario sparò ad un commissario
e lo ammazzò
e poi, felice, tra gli amici matti
egli tornò